FLYmessenger

Ogni aeroporto ha una personalità.
Come per gli uomini spesso il suo carattere dipende da chi o da cosa lo circonda, dall’energia che emana e da quella che accumula grazie a chi lo frequenta.

Nelle mie frequenti visite in Puglia due sono le cose che mi hanno colpito di più: la natura silente, prepotente e amica, e il lavoro serio, concreto ed ambizioso.
Nel progetto di comunicazione delle aerostazione, mi sono deliziato nel plasmare un oggetto iconico, che proponga la personalità del contesto in cui si trova, regalando la possibilità ad un brand di diventare protagonista di questo racconto.
—Paolo Casti

Non si tratta di un supporto statico. FLYmessenger è stato pensato come un mezzo nuovo… una nave volante.
Il design parte da una struttura elementare: boma e albero che tendono una vela.
Le sue dinamiche sono dettate dalla regia del vento, che muove la struttura flessibile non imbrigliando la forza di Eolo, ma assecondando la sua natura.

Nello schizzo ho disegnato, parallelamente ad un specchio d’acqua, una trave orizzontale.
L’ho fatta più grande di un boma e più piccola di uno scafo, curando soprattutto la linea della quota massima che fisso a due metri d’altezza.
L’ho raccordata sulla destra ad angolo retto con un albero che ho fatto arretrare con garbo.
Tanto quanto basta per ridurre, in alto, le dimensioni della vela che svetta alta fino a 25 metri sull’acqua e che fila dalla parte opposta perfettamente verticale dalla coda del boma all’estremità della pinna.
—Paolo Casti

L’obiettivo è stato quello di realizzare una superficie verticale più vicina possibile ad un rettangolo.
L’unica variante concessa allo stile è stata quella di un taglio verticale della vela che influenzi il più possibile la personalità della sagoma, senza disturbare il formato dello spazio destinato alla comunicazione.

Le leggi dell’ottica aiutano perché nella visione da vicino di un oggetto così alto, le parti in alto tendono a rimpicciolirsi e quindi, in avvicinamento, è più che naturale percepire in modo evidente la rastrematura della vela.

Il boma è diritto e rigido, con due pinne che partono dalla fusoliera orientandosi verso i lati e in basso rivolgendosi leggermente all’indietro. Sono gli unici punti di contatto con il terreno.
Arrivano a sfiorare la superficie dell’acqua regalando l’illusione del volo ad un oggetto che in realtà dovrà essere stabilissimo e sicuro.

L’albero è ricurvo ed elegantemente assottigliato verso l’alto. È flessibile. Dal basso verso l’alto la sua forma progressivamente si assottiglia per assecondare, gradualmente, una naturale flessione.
Il vento, spingendo sulla vela, muove l’albero.

Una struttura viva, attiva, animata alla base da due getti d’acqua che simulano la scia di un probabile atterraggio e da una illuminazione modulata dalla forza del vento e dalla sua temperatura. L’incrocio tra toni e colori suggerisce temperatura e forza del vento passando dai delicati azzurri fino ai rossi più cupi.

Il risultato è un oggetto esistibile.
Qualcosa pensato per volare, per portare messaggi. Qualcosa che ha un po’ di futuro ed un po’ di passato. Qualcosa che si muove con naturalezza non contrastando la natura, ma utilizzandola come energia.
Come la terra a cui è destinato.

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